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FAQ

INQUINAMENTO DELL'ARIA

Il componente principale dell’inquinamento atmosferico è rappresentato dal particolato. Nell’aria esterna, l’inquinamento da particolato può essere antropogenico (causato dall’uomo), o derivare da una fonte naturale. Una cospicua presenza di fonti umane includono: emissioni di scarico dei veicoli, impianti di produzione di energia, edilizia e industria. Fra le fonti naturali più significative si annoverano: pollini, incendi boschivi, vulcani, polvere del terreno e sabbia soffiati dal vento. Ci sono differenze fra fonti inquinanti generate dall’uomo e fonti inquinanti naturali. Le fonti generate dall’uomo sono responsabili di moltissime piccole particelle presenti nell’aria, in particolar modo quelle generate dai processi di combustione. Le particelle generate da fonti naturali tendono ad avere un diametro di dimensioni maggiori. Un’altra differenza è che gli inquinanti causati da attività umane sono frequentemente generati nei pressi di aree densamente popolate, come le città. Gli inquinanti naturali, invece, devono spesso percorrere grandi distanze prima di arrivare a noi.

Ci sono anche fonti di particolato all’interno dei nostri edifici. Queste includono la polvere sollevata dai tappeti, il distacco di particelle dall’epidermide e dai capi di abbigliamento, le fotocopiatrici, i fuochi a legna o a carbone, le candele e gli aerosol.

Per ragioni di efficienza energetica, molti edifici urbani moderni sono bene isolati e offrono una scarsa ventilazione naturale. Viene fornita una ventilazione meccanica che utilizza l’aria esterna per ottenere il ricambio di ossigeno e la diluizione dell’anidride carbonica. Questa operazione permette altresì agli inquinanti esterni di penetrare all’interno dell’edificio. Quando gli inquinanti esterni vengono sommati alle sorgenti inquinanti interne, è facile comprendere che la qualità dell’aria indoor può essere seriamente degradata. C’è una certa resistenza ad aumentare la ventilazione poiché l’aria esterna deve essere condizionata quanto a temperatura e umidità relativa per garantire il comfort per gli occupanti. Similmente c’è una resistenza a scaricare esternamente l’aria condizionata interna, con l’effetto di ottenere una concentrazione di inquinanti all’interno dell’edificio. Di conseguenza, l’aria interna può essere significativamente più inquinata di quella esterna. Secondo il report ECA dell’Unione Europea, l’aria indoor può essere fino a 50 volte più inquinata di quella esterna.

Il corpo umano possiede difese naturali come i peli e le mucose nasali. Tuttavia queste sono efficaci solo nei confronti delle particelle più grandi (PM10). Le particelle più piccole (PM1) non vengono trattenute da queste barriere e sono in grado di raggiungere le parti più piccole dei polmoni, gli alveoli. E’ ormai appurato che le nanoparticelle e le particelle ultrafini possono penetrare all’interno dei polmoni, entrare nel flusso sanguigno e di conseguenza raggiungere gli organi principali come il cuore, il cervello, il fegato e il sistema endocrino. Dunque è chiaro che il più grande rischio per la salute umana legato all’inquinamento atmosferico è rappresentato dall’inalazione del particolato fine, il PM1, che include per lo più nanoparticelle e particelle ultrafini. In un recente documento pubblicato il 6 settembre 2016, un team di ricercatori delle università del Lancaster, di Oxford e di Manchester ha riportato il legame esistente fra le particelle metalliche ultrafini in grado di raggiungere il cervello e il morbo di Alzheimer. La fonte sospetta delle particelle risiede nelle emissioni di motori diesel.

Poiché l’inquinamento dell’aria rappresenta una seria minaccia alla salute umana e un costo significativo per l’intera società, i dati vengono sempre più spesso misurati e pubblicati. Molti siti web governativi e di organizzazioni ONG offrono misurazioni in tempo reale. Il particolato può essere misurato utilizzando un contatore particellare. Alcuni strumenti contano il numero delle particelle presenti nell’aria, cosa che assume una particolare rilevanza per le particelle più piccole. Altri strumenti misurano il peso delle particelle nell’aria; questa tecnica si addice in particolare per le particelle più pesanti o di più ampie dimensioni. Molti contatori particellari funzionano a batteria, sono portatili e relativamente semplici da utilizzare. Ciò significa che la misurazione del particolato è un’attività semplice sia nei confronti dell’aria indoor che outdoor.

Il particolato viene generalmente classificato all’interno di un ristretto numero di intervalli di misura. Questi sono:

  • Grossolano :dimensioni > 10µm (1µm = 0,001 mm)
  • PM10 : Dimensioni =/< 10µm
  • PM2,5 : Dimensioni = /< 2,5µm
  • PM1 : Dimensioni =/< 1,0µm

Negli ultimi anni, la misurazione e il reporting si sono occupati prevalentemente di PM10 e PM2,5. Tuttavia, oggi l’attenzione si sta spostando sempre più verso il PM1. Perché? Ci siamo resi conto che il numero delle particelle più fini, le cosiddette nanoparticelle e particelle ultrafini sta aumentando in maniera drammatica. Ciò è dovuto alla crescita globale del numero dei veicoli, e ad un aumento del numero dei motori diesel. E, in maniera forse ancor più importante, la comunità medica e scientifica riferisce ora che sono le particelle più fini presenti nell’aria a rappresentare il fattore di rischio più serio per la salute umana.

Nel 2005 l’OMS ha pubblicato un report di fondamentale importanza sull’inquinamento dell’aria e i rischi associati per la salute:

Esistono prove sufficienti a dimostrazione del fatto che l’esposizione al PM incide negativamente sulla salute della popolazione sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Gli effetti sulla salute sono molteplici, sebbene siano predominanti quelli di natura respiratoria e cardiovascolare. L’OMS ha stabilito delle linee guida per l’esposizione giornaliera e annuale al PM10 e PM2,5. Ad esempio, il valore annuale per l’esposizione annuale al PM2,5 è definito in 10µg/m3.

Nel 2015 l’OMS ha riferito dei costi economici dell’inquinamento atmosferico sulla salute:

L’OMS dichiara che le stime attuali degli effetti congiunti dell’inquinamento ambientale e domestico permettono di annoverare 7 milioni di morti premature ogni anno nel mondo, che rappresentano un ottavo di tutte le morti nel mondo.

In Europa l’OMS stima che il costo economico delle circa 600.000 morti premature e malattie causate dall’inquinamento dell’aria nel 2010 è stato di 1,6 trilioni di dollari. Questa cifra corrisponde circa a un decimo del prodotto interno lordo (PIL) dell’intera Unione Europea nel 2013.

pm1

Il PM1 è la frazione di particolato presente nell’aria che include tutte le particelle aventi diametro inferiore a 1 micron (µm). Come riferimento, 1 micron = 1/1000 di un millimetro.

La maggior parte delle particelle classificate come PM1 è originata dai processi di combustione. Una delle principali fonti negli ambienti urbani sono le emissioni dei veicoli, specialmente dei motori diesel. Altre sorgenti includono la produzione di energia, gli incendi boschivi e i fuochi all’interno degli edifici, come le stufe a legna o a carbone, e le candele.

Il PM1, PM2,5 e PM10 definiscono rispettivamente tutte le particelle aventi diametro inferiore a 1 µm, a 2,5 µm e a 10 µm. Di conseguenza, ogni rilevamento del PM2,5 include il PM1 e, analogamente, ogni rilevamento del PM10 include sia il PM1 che il PM2,5. Ciò detto, ci sono tuttavia importanti differenze fra le particelle aventi un diametro molto fine da quelle con un diametro più ampio:

  • Il numero di particelle di diametro inferiore a 1 µm è di vari ordini di grandezza superiore al numero di particelle di diametro fra 1 e 2,5 µm che, a sua volta, è significativamente superiore rispetto alle particelle comprese fra 2,5 e 10 µm. E’ appurato che la grande maggioranza delle particelle presenti nell’aria, in quanto a numero, ha un diametro inferiore a 1 µm .
  • Per contro, anche se esse sono presenti in numero maggiore, le particelle di diametro inferiore a 1 µm contribuiscono solo in piccola parte all’ammontare del peso complessivo del PM nell’aria. Il contributo al peso totale del PM aumenta con l’aumentare delle dimensioni del particolato.
  • L’analogia di una manciata di sabbia e di una manciata di ciottoli può essere utilizzata per illustrare i punti i) e ii) qui sopra

Il corpo umano possiede difese naturali nei confronti delle particelle aerotrasportate come i peli nasali e le mucose. Tuttavia queste sono efficaci solo nei confronti delle particelle più grandi, specialmente quelle superiori a 10 µm. Le particelle più piccole (PM1) non vengono trattenute da queste barriere e sono in grado di raggiungere le parti più piccole dei polmoni, gli alveoli. Qui possono contribuire allo sviluppo di problemi respiratori ed altre serie malattie. Inoltre è ormai appurato che le nanoparticelle (<0,05 µm) e le particelle ultrafini (0,1 µm) penetrando all’interno dei polmoni possono entrare nel flusso sanguigno e di conseguenza raggiungere gli organi principali come il cuore, il cervello, il fegato e il sistema endocrino. Dunque è chiaro che il più grande rischio per la salute umana legato all’inquinamento atmosferico è rappresentato dall’inalazione del particolato fine, il PM1, che include per lo più nanoparticelle e particelle ultrafini.

FILTRAZIONE MOLECOLARE

Sì. I gas stanno diventando sempre più oggetto di attenzione e la necessità di filtrare composti in fase gassosa è crescente. Ci si può aspettare che la richiesta aumenti rapidamente a causa dei crescenti problemi di inquinamento. Questo tipo di filtrazione viene chiamato “Filtrazione molecolare”.

Esistono diverse tecnologie, la più diffusa è quella che sfrutta diversi tipi di media filtranti per adsorbire gli inquinanti. I media filtranti possono essere ad esempio: carbone attivo, carbone impregnato, adsorbenti a base di polvere di allumina.

No, non tutti i gas sono filtrabili con i media adsorbenti. Alcuni gas hanno proprietà chimiche e fisiche tali da renderli così volatili da non poter essere adsorbiti. La cosa migliore per sapere se un composto è filtrabile è chiedere a un esperto del settore.

Non è semplice rispondere a questa domanda. La durata di un filtro dipende da fattori come: portata da trattare, tipologia e concentrazioni degli inquinanti. Per molti composti Camfil ha sviluppato un software specifico in grado di stimare con buona approssimazione la vita utile del filtro.

I più importanti sono:

  • Concentrazione di inquinante a monte del filtro
  • Concentrazione da raggiungere a valle del filtro
  • Portata d’aria da trattare
  • Vita utile del filtro richiesta
  • Temperatura e umidità relativa

In questo caso la risposta non è univoca. In alcuni casi la Temperatura può aumentare l’energia cinetica delle molecole, le quali sono meno propense a creare legami con la superficie dei micro pori di carbone; in altri casi un aumento della temperatura funge da catalizzatore alla reazione chimica di adsorbimento e questo va a influire positivamente sull’efficacia di filtrazione. Ragionamento analogo vale per l’umidità relativa.